venerdì 4 aprile 2008

Titolo assente


Mi fu riferito di come fosse veramente possibile per una persona essere il centro di tutto quanto ci concerneva. E quanto mi fu riferito era vero, ragazzo.

Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale ed ora che non ci sei più è il vuoto ad ogni gradino.
Leggere gli Xenia adesso è come rileggermi. Ed io ti avevo più volte promesso che Montale lo avremo sfogliato insieme, dacché ignoravi tanto di me e questo poteva passare per un brandello della mia anima. Per prima cosa ho preferito però insegnarti ad abbassare la tavoletta del water una volta finito di mingere.

Quand’è perduto il tempo perduto? Con ogni probabilità in nessun caso.

I raggi primaverili si dipanano ora quali fredde imposizioni di rinascite inesistenti, l’equilibrio e la necessità degli eventi sono disposti in fila sul perimetro della terra, mostrandosi apertamente e comprensibilmente, aspettando un assenso o una scabra accettazione.

La tua parola così stenta e imprudente
Resta la sola di cui mi appago.
Ma è mutato l’accento, altro il colore.
Mi abituerò a sentirti o a decifrarti
Nel ticchettio della telescrivente,
nel volubile fumo dei miei sigari
di Brissago.

Passeggiando, lo so, con il tempo ridarò valore agli oggetti e alle cose e li richiamerò per nome [ma quanta fatica è sistemare il diagramma di flusso dell’esistenza in modo coerente ed efficace se ora tutto mi disinteressa come la musica indie e le gare motociclistiche!].
Che vita di stenti e di privazioni.

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