venerdì 8 febbraio 2008

La collina dei ciliegi

a P.


Il distacco avvenuto ci è caro, infine. Il dinamismo e la mobilità del corpo fagocitano il pensiero frapponendovi un vetro smerigliato [non lasciarlo fare senza cognizione]. Ed io, che credo ancora nell’ascetismo come rinascita cerebrale e che mi isolo per meglio comprendere, non ti ho forse mai capito. Di te, per cui si usano solo i diminutivi e che nelle foto sorridi spezzando delle gallette per celiaci, non mi rimangono ora che domande. La spontaneità è talvolta confusione e di per me non possiedo gli strumenti per comprenderla. Onestamente non ho mai capito come potessimo avere dei gusti così simili né perchè ci trovassimo bene insieme. È probabile fosse merito tuo, comunque, dacché io non faccio molto per avvicinarmi agli ego altrui, sempre così soffocati da innumerevoli problemi e contingenze [l’ironia e il cinismo sono un modo di essere più che una bolla di facciata].

Ci incontrammo in circostanze casuali, probabilmente a casa tua, in quel felice connubio di vino e prosperità spirituale. Eravamo legati da coincidenze, come tutti.
La prima volta che mi parlasti davvero, mi giudicasti quanto mai sincero con i miei sentimenti, ma già che un po’ di tempo è passato forse hai capito che così non era. Ti pensai sciocco a non comprendere la stratigrafia delle maschere. Tuttavia, ci ritrovammo da principio simili nel pensiero, mai nella [re]azione. La tua compagnia mi divenne cara giacché non eri un opposto, ma così sembrava.
In tal modo un’essenza può avere diverse forme.
Ed ora, che rimani così sfuggente anche per te stesso e che cerchi definizione per cose che non ne hanno alcuna, vaghi per strade che non sono più buie calli mnemoniche, con quell’entusiasmo che diventa rinnovata documentazione essenziale.

È ormai tempo per noi di disegnare un nuovo pensiero?

1 commento:

Anonimo ha detto...

meravigliosamente eccoti.