martedì 27 maggio 2008

Cartacei a distanza

Carissima.
Rispondo con immondo ritardo alla vostra missiva cartacea principalmente perché la lingua tedesca e la pordenonesità delle vicende mi alienò dal resto del mondo. In realtà una motivazione imperante è anche la mia disabitudine nel redigere documenti scritti ed ora, infatti, provo dell’imbarazzo ad utilizzare biro sbavanti e fogli scrausi per strutturare pensieri fisicamente vicini.


Oramai la cognizione scrittoria dell’uomo contemporaneo è quella della tastiera e ciò è sicuramente di grande tristezza. Sto già postulando che l’uomo cibernetico del futuro disimparerà a scrivere con le penne e si limiterà a picchiettare piccoli tasti dotati di caratteri in rilievo, tanto che nel giro di cinque generazioni non vi sarà più motivo di avere un pollice opponibile e le unghie smetteranno di crescere.
Di recente subisco il fascino del giardinaggio in modo autoindotto. Infatti, cerco di raggiungere gradualmente le capacità di interessarmi nuovamente al prossimo e dispensare nuovamente amore partendo dalle forme di vita più semplici al fine di passare in seguito a quelle più complesse ed irritanti, quali gli animali e l’uomo. In tal modo sono già riuscito a determinare la morte di una pianta grassa, lasciandola semplicemente annegare sotto gli scroscianti temporali venetici, e allo stesso tempo a provocare al rosmarino notevoli problemi di secchezza. Ignoro come ciò sia possibile, essendomi limitato a lasciarli entrambi sul balcone della cucina.
Le relazioni umane languiscono, tranne per i rari casi di persone che cercano di starmi vicino [e ci riescono] e per la famiglia De Peecox Paper. Il problema principale rimane la stupidità che rilevo aleggiare nel cerebro altrui e che è quantomai amplificata dalle vicende che mi accaddero e che continuano a riemergere in ogni momento dalle piaghe mentali. Alla disperazione alterno momenti di cinismo o di irosità inauditi, distruggendo i rari momenti di gioia non alcolica con considerazioni fuori luogo. Spesso sogno di infilare trivelle cosmiche tra gli incisivi altrui mentre nella realtà mi limito a parlare con il televisore. Per allontanarmi dagli eventi e dalle porte del congelamento emozionale cerco allora di studiare in modo meccanico e compulsivo o di giocare pomeriggi interi con Photoshop, le quali cose mi donano serenità e allo stesso tempo mi rendono insoddisfatto come poc’altro. Penso all’Erasmus, ma allo stesso tempo non penso a nulla [e a tutto]. Pare che esso sia un mezzo di socializzazione itinerante e di grande gaudio e di esperienze da raccontare ai pronipoti, ma forse è che io conosco persone troppo felici e bendisposte verso il mondo. Non temere, comunque, giacchè qualsiasi cosa avverrà sarà tale perché dovrà avvenire [di recente divenni fatalista] e talvolta gli esigui legami sono un bene, perché possono rimanere esigui anche a distanza, mentre quelli di maggior portata tendono a divenire esigui e ciò è peggio perché vi è delusione. Scoprii in contesto cimiteriale il legame con gli sconosciuti ed esso fu così breve e così lancinante che mi fece pensare ad una speranza, così come me lo fa pensare la famiglia De Peecox Paper [a meno che essa non sia una magra consolazione dettata dal contingente].
Mi porta gioia il pensare al futuro pellegrinaggio fiumano e spero a breve di poter studiare delle mappe cartacee e di attingere a informazioni varie e viarie.
Con tormentosa pace,